PHANTOM THREAD

Down in Mexico…

Essi vivono!

Nell’attesa di tornare al nostro appuntamento settimanale a Seriate abbiamo pensato di farvi compagnia con alcune proposte di visione.

Si tratta di rassegne già organizzate che non abbiamo potuto proporvi, film per i quali avevamo scritto qualche pensiero che desideriamo condividere almeno in forma virtuale, e film che probabilmente non proietteremo mai, ma che potreste considerare dei consigli di visione. Questa settimana vi proponiamo la rassegna:

Phantom Thread

Phantom Thread (2017), il film di Paul Thomas Anderson che dà il titolo alla nostra rassegna è stato erroneamente tradotto per la distribuzione italiana in “Il filo nascosto”; non ci dilungheremo in una facile polemica sulla creatività dei titolisti italiani e proviamo invece ad evocare i significati della parola phantom: il sostantivo si traduce come fantasma, spettro; ma nel titolo di Anderson phantom è un aggettivo, quindi significa: immaginario, irreale. Nella nostra rassegna il filo immaginario che collega i lungometraggi L’angelo sterminatore, Giulietta degli spiriti, Personal Shopper, Le quattro volte è la rappresentazione di una dimensione sospesa nel tempo, al di fuori della realtà più immediata, in cui i personaggi pongono domande che sottendono i rapporti di potere nella società borghese, l’amore e il matrimonio, la ricerca di significati, le dimensioni dell’identità umana. Chi risponde a queste domande? angeli, spiriti, fantasmi, silenzio.

El ángel exterminador (Messico, 1962), l’angelo sterminatore di Luis Buñuel racconta una cena in cui gli invitati, alcune famiglie dell’alta borghesia e il maggiordomo, vivono una situazione sempre più surreale: le portate finiscono a terra, oggetti vengono lanciati senza motivo, animali selvatici entrano in casa. Nonostante l’ora tarda e i continui imprevisti, gli invitati non sembrano volersene andare o forse non possono, c’è una maledizione su questa casa? Alla fine una ragazza trova la soluzione per uscire: bisogna ricominciare tutto da capo. Una volta fuori dalla casa, i protagonisti entrano in una chiesa e anche questa volta sono impossibilitati ad uscire, ma allora ad essere maledetta non era la casa, sono loro! Nel corso di tutto il film diversi personaggi si domandano cosa stia succedendo, perché sono rimasti bloccati, ma nonostante l’insistenza a domandare, la risposta non giunge mai. Il film è un raffinato atto di accusa diretto alle classi dirigenti spagnole, che restano chiuse nelle ville e nelle chiese, senza interrogarsi su cosa stia avvenendo nel resto del paese e per le strade; i codici del cinema surrealista consentono al regista di svincolarsi dalla censura.

Mentre il film di Luis Buñuel è caratterizzato dall’inerzia e quindi dalla pesantezza, Giulietta degli spiriti (Italia, 1965) di Federico Fellini trasmette un costante senso di leggerezza. Il primo film a colori di Fellini ha come protagonista Giulietta, una donna dallo spirito semplice, curiosa e sorridente. Il film inizia con una festa per celebrare il matrimonio di Giulietta e Giorgio, ben presto però Giulietta inizia a dubitare della fedeltà di suo marito e domanderà ad un investigatore di seguirlo, chiederà aiuto ad un santone indiano, ai parenti, alle amiche, ad un terapeuta; anche se la situazione intristisce Giulietta, Fellini non indugia mai nel dramma, perché il mondo di Giulietta è colorato, bizzarro, popolato da tante persone stravaganti, ricordi effimeri e oggetti vari e tutti questi elementi, senza che vi sia un ordine gerarchico tra di essi, le parlano, ognuno con la propria voce. Il risultato finale è una cacofonia incorporea da cui emerge in modo prepotente una sola parola: il nome della protagonista. Quando il film è uscito nelle sale in molti hanno accusato Fellini di autocompiacimento estetizzante, Giulietta sta vivendo un dramma, le immagini che ci riportano alla sua infanzia sono a volte terribili, ma i costumi, la musica e gli animali esotici risollevano i nostri animi. Anche in questo film compare il pavone, un animale caro a Fellini per la sua bellezza e forse anche per il suo significato pittorico: le carni del pavone si deteriorano molto lentamente dopo la morte e per questo, nei dipinti compare come simbolo dell’eternità e dunque di superamento della concretezza. Anche la storia di Giulietta non aspira ad essere una cronaca della realtà, bensì un gioco immaginario.

Personal Shopper (Francia, 2016), film diretto da Olivier Assayas ha come protagonista una medium, Maureen. Il fratello gemello di Maureen da poco è morto per una malattia congenita che potrebbe colpire anche la sorella. Sin dall’inizio del film, la protagonista avverte una “presenza” e prova costantemente a comunicare con essa, nella speranza che si tratti del fratello, anche perché nella vita quotidiana Maureen è perennemente sola: nessun amico o amica, il ragazzo distante con cui scambia frettolose conversazioni via Skype, un lavoro da personal shopper per una star mediatica che non incontra mai. Il film è ambizioso e la trama presenta diverse omissioni; tuttavia è possibile trovare un sottofondo costante: la minaccia che assilla Maureen tramite sms, omicidi e presenze spettrali; è lei stessa ad alimentare il rischio, spingendo la comunicazione oltre ogni limite. Maureen dichiara sin dall’inizio del film di cercare “segno”, qualcosa che la orienti, rassicuri, ma questa ricerca che la spinge fino al deserto (luogo mistico per eccellenza), la porta su tracce incomprensibili.

 

Suspicion (Il sospetto), A. Hitchcock, Stati Uniti, 1941, film che dà il titolo alla rassegna

Phantom Thread (Il filo nascosto), P. T. Anderson, Stati Uniti – Regno Unito, 2017, film che dà il titolo alla rassegna

The Talk of the Town (Un evaso ha bussato alla porta), G. Stevens, Stati Uniti, 1942, 117'

El ángel exterminador (L’angelo sterminatore), L. Buñuel, Messico, 1962

 

 

In a Lonely Place (Il diritto di uccidere), N. Ray, Stati Uniti, 1950, 94'

Giulietta degli spiriti, F. Fellini, Italia, 1965

 

The Fallen Idol (Idolo infranto), C. Reed, Regno Uniti, 1948, 95'

Personal Shopper, O. Assayas, Francia, 2016

 

The Trouble with Harry (La congiura degli innocenti), A Hitchcock, Stati Uniti, 1955, 99'

Le quattro volte, M. Frammartino, Italia, Germania, Svizzera, 2010

 

Nel documentario Le quattro volte (Italia, Germania, Svizzera, 2010) di Michelangelo Frammartino il tempo si è fermato, non per inerzia, come nel film L’angelo sterminatore; in questo caso non c’è una maledizione che blocca, c’è estasi, che nella sua etimologia vuol dire: “stare fuori da sé”. Il soggetto del documentario, girato nei pressi di Caulonia, paese dell’area grecanica calabrese, sono i quattro regni che compongono la natura dell’uomo: minerale, vegetale, animale e umano; essi vengono descritti nelle dimensioni della continuità ciclica e della contrapposizione tra vita e morte. Frammartino si allontana dalla civiltà a noi più familiare e, pur rappresentando il mondo naturale nella sua interezza e nei minimi particolari, mantiene uno sguardo esterno e silenzioso, estatico per l’appunto e con ciò realizza un paradosso: descrivere la dimensione irreale della natura e dell’uomo stesso.

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