IL SOSPETTO
Down in Mexico…
Suspicion (Il sospetto), A. Hitchcock, Stati Uniti, 1941, film che dà il titolo alla rassegna
The Talk of the Town (Un evaso ha bussato alla porta), G. Stevens, Stati Uniti, 1942
In a Lonely Place (Il diritto di uccidere), N. Ray, Stati Uniti, 1950
The Fallen Idol (Idolo infranto), C. Reed, Regno Uniti, 1948
The Trouble with Harry (La congiura degli innocenti), A Hitchcock, Stati Uniti, 1955
Ensayo de un crimen (Estasi di un delitto), L. Buñuel, Messico, 1955
Essi vivono!
Nell’attesa di tornare al nostro appuntamento settimanale a Seriate abbiamo pensato di farvi compagnia con alcune proposte di visione.
Si tratta di rassegne già organizzate che non abbiamo potuto proporvi, film per i quali avevamo scritto qualche pensiero che desideriamo condividere almeno in forma virtuale, e film che probabilmente non proietteremo mai, ma che potreste considerare dei consigli di visione. Questa settimana vi proponiamo la rassegna:
Il sospetto
Innocenti accusati ingiustamente, goffi tentativi di scagionare un amico, occultamenti di cadavere. E poi: omicidi immaginati, sognati, desiderati, passando attraverso l’omicidio senza assassino.
Una breve rassegna per darvi succose idee su come eliminare il vicino, almeno con la fantasia.
Si inizia con The Talk of the Town (Un evaso ha bussato alla porta), film di George Stevens del 1942. Il film, con l’andamento di una commedia sofisticata, gioca con l’idea dell’innocente sospettato di omicidio, topos frequentato non di rado nell’universo del giallo, con tutte le sfumature che è possibile attribuire a quel giallo.
Piccola città, bastardo posto. La “Small Town America” mostra il suo lato feroce, la corruzione che scorre nelle vene dei suoi abitanti, pronti a linciare il sospettato di turno. Potrebbe prendere il largo una ulteriore rassegna, da questo lato umbratile e sanguinario delle cittadine statunitensi. Comprenderebbe almeno The Phenix City Story (La città del vizio) di Phil Karlson, Fury (Furia) di Fritz Lang e The Chase (La caccia) di Arthur Penn.
Calato nel suo ambiente naturale, si muove senza sforzo Cary Grant, mentre George Stevens dirige il traffico con autorevolezza.
Si passa a In a Lonely Place (Il diritto di uccidere), film del 1950 di Nicholas Ray. Un altro innocente accusato ingiustamente di omicidio. Stavolta il giallo vira decisamente sul nero e la splendida fotografia di Burnett Guffey è al servizio di uno dei migliori film di Nicholas Ray, che dirige la moglie Gloria Grahame e Humphrey Bogart mentre precipitano in una spirale discendente di violenza e sospetti.
Non c’è redenzione possibile in questo noir cupo e crepuscolare (si dice così, almeno pare), esaltato dalla solita critica francese dei “Cahiers du cinéma”. Una rassegna parallela andrebbe a ripescare i grandi noir di quei registi statunitensi rivalutati dalla “politica degli autori” promossa dei Cahiers, per esempio The Big Sleep (Il grande sonno) di Howard Hawks, T-Men (T-Men contro i fuorilegge) di Anthony Mann e Kiss me deadly (Un bacio e una pistola) di Robert Aldrich.
Come terzo film proponiamo The Fallen Idol (Idolo infranto), film del 1948 di Carol Reed, tratto da un racconto di Graham Greene e sceneggiato dall’autore stesso. Come nei migliori Greene, si mescolano elementi di mistero con buone dosi di caustica e distaccata ironia.
Una storia semplice, che però, raccontata dal punto di vista di un bambino, diventa ingarbugliata. Il mondo adulto che apre agli occhi del protagonista è un intrico labirintico, di difficilissima lettura. Ogni suo tentativo di scagionare il suo idolo, il maggiordomo Baines, dall’accusa di omicidio che lo vede coinvolto, ottiene l’effetto contrario di indirizzare i sospetti sul servitore. L’omicidio diventa una questione di saper leggere la realtà.
Innumerevoli le rassegne parallele. Si potrebbero recuperare altri film tratti dai romanzi o dai racconti di Graham Greene, come The Third Man (Il terzo uomo), di Carol Reed, Our Man in Havana (Il nostro agente all’Avana), sempre per la regia di Carol Reed e The Quiet American (Un americano tranquillo), di Joseph L. Mankiewicz. Oppure rimestare nell’enorme calderone dei film che mettono la cinepresa ad “altezza bambino”, da Sciuscià di Vittorio De Sica, a Little Fugitive (Il piccolo fuggitivo) codiretto da Ray Ashley, Morris Engel e Ruth Orkin, fino ad arrivare a Beasts of the Southern Wild (Re della terra selvaggia) di Benh Zeitlin.
Quarto – e eccezionalmente non ultimo – film della rassegna è The Trouble with Harry (La congiura degli innocenti), un film del 1955 di Alfred Hitchcock.
Divertente e divertita presa in giro del whodunit (giallo classico), potrebbe scrivere qualcuno con l’animo del pubblicitario. E non ci andrebbe tanto lontano. C’è un morto, l’Harry del titolo originale, e c’è una sovrabbondanza di assassini. È addirittura tutta la cittadina di Highwater (un’altra Small Town) a rendersi complice dell’occultamento del cadavere di Harry. Dopo Idolo infranto l’omicidio si sposta sempre più nella mente. Uno dei tanti grandi film dell’Hitchcock degli anni ’50 del Novecento.
Cadaveri eccellenti, potrebbe titolarsi la rassegna parallela che, a partire da Hitch, arruolerebbe tra le proprie fila film come Les diaboliques (I diabolici), di Henri-Georges Clouzot, The Three Burials of Melquiades Estrada (Le tre sepolture) di Tommy Lee Jones e Bir zamanlar Anadolu’da (C’era una volta in Anatolia) di Nuri Bilge Ceylan.
Quinto e ultimo film della rassegna, Ensayo de un crimen (Estasi di un delitto), diretto da Luis Buñuel e uscito nel 1955. Tra i migliori film messicani di Buñuel, è la punta della strana freccia tirata fin d’ora. Da innocenti accusati di omicidio, passiamo ad assassini mancati, incapaci di portare a termine un’uccisone, non importa quanto lo desiderino.
C’è tutto un certo Buñuel: humor nero, feticismo, impotenza maschile, colpa e redenzione. Senza, però, le forse eccessive pesantezze del Buñuel maturo.
Delitti sognati, prefigurati, corpi svaniti nel nulla. Ad accompagnare Estasi di un delitto in un’ipotetica rassegna parallela, potrebbero essere Minority Report di Steven Spielberg, The Conversation (La conversazione) di Francis Ford Coppola e Blow-Up di Michelangelo Antonioni.
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