LA DISSOLVENZA DEL LAVORO. LA CLASSE OPERAIA (NON) VA IN PARADISO

Da mercoledì 5 a mercoledì 26 febbraio 2020

Per quattro mercoledì di seguito, dal 5 al 26 febbraio compresi, ci troviamo presso la biblioteca di Seriate per vedere quattro film. Proiezione alle ore 21 e a seguire dibattito (e ogni tanto qualche dolciume)
Perché La dissolvenza del lavoro?

Il cinema fin dai suoi inizi ha riflettuto sul mondo del lavoro. Negli ultimi anni, inevitabilmente, molti registi si sono soffermati sulla crisi del lavoro declinata nelle sue varie forme: il lavoro povero e precario, la debolezza e la divisione dei lavoratori, il ricatto tra l’accettazione di condizioni di lavoro servili e l’espulsione dal contesto produttivo, le nuove forme di controllo.

In uno dei film recenti più significativi su questi temi (Due giorni e una notte dei fratelli Dardenne – 2014) la protagonista cerca di convicere i suoi colleghi perché votino contro il suo licenziamento. La direzione della fabbrica dove è impiegata ha infatti proposto ai lavoratori una scelta netta: o votano per il licenziamento della collega, rientrata dopo una malattia, o rinunciano a un premio di produzione. La macchina da presa segue il viso della protagonista che con grande sofferenza si confronta con gli altri lavoratori per cercare di salvare il suo posto ma anche, forse, per cercare di capire come si è potuto ad arrivare ad una situazione in cui i lavoratori sono messi uno contro l’altro e dove la solidarietà, per molti, non appare che una parola priva di significato.

Questo film ci dice molte cose sul mondo del lavoro odierno e sulla sua rappresentazione cinematografica. La solidarietà tra i lavoratori è spesso debole ed è difficile ricreare dei legami in grado di tutelare anche dei diritti minimi. I lavoratori spesso devono confrontarsi individualmente contro forze che li soverchiano. Spesso la resistenza serve a tutelare la dignità di chi si oppone a una condizione inaccettabile. Tuttavia altrettanto spesso la resistenza viene sconfitta. Se nel secolo scorso il lavoro, seppure sfruttato, ha rappresentato anche una possibile forza di cambiamento e di miglioramento, individuale e collettivo, oggi la situazione sembra differente. È cambiata l’organizzazione del lavoro, la sua tutela, le forme contrattuali che lo regolano, si è indebolita la capacità contrattuale dei lavoratori e delle loro organizzazioni. I registi più attenti a questi aspetti, pensiamo prima di tutti a Ken Loach, ma anche a molti registi francesi (Brizé, Cantet, Guédiguian), e in parte italiani (Comencini, De Matteo, Vicari, Soldini), hanno descritto con grande capacità l’attuale contesto lavorativo, naturalmente cogliendone gli aspetti più drammaturgicamente rilevanti. Presenteremo alcuni dei film più interessanti, a nostro parere, degli ultimi anni, proponendo alcuni dei registi più significativi, che, seppure forse meno conosciuti dei citati fratelli Dardenne e Loach, hanno riflettuto, e ci faranno riflettere, su cosa è il lavoro nei nostri tempi. Nel primo film, francese, viene descritta una ristrutturazione aziendale, comportante l’espulsione di alcuni lavoratori, vista in particolare attraverso l’opposizione, umana e culturale, di un padre, destinato al licenziamento, ad un figlio che è, almeno inizialmente, uno dei responsabili, seppure inconsapevole, della riorganizzazione aziendale e delle sue conseguenze. Nel secondo film, anch’esso francese, un lavoratore deve decidere fino a che punto la salvaguardia del proprio lavoro è compatibile con la propria dignità. Il terzo , spagnolo, ci racconta le conseguenze della disoccupazione su una comunità di ex lavoratori e su ciascuno di essi. L’ultimo film, questa volta italiano, ci racconterà la storia “semplice” di quanto un lavoro povero possa essere alla fine, malgrado tutti gli sforzi della protagonista, incompatibile con la vita stessa.

Questo film ci permetterà di discutere brevemente di come il cinema italiano contemporaneo ci racconta il lavoro.

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