IL TEMPO CHE

CI RIMANE

Da mercoledì 16 ottobre 2024

Per quattro mercoledì di seguito, dal 16 ottobre al 6 novembre compresi, ci troviamo presso la biblioteca di Seriate per vedere quattro film. Proiezione alle ore 21 e a seguire dibattito (e ogni tanto qualche dolciume)

La figura del caregiver (l’assistente, colui o ovviamente molto più spesso colei, che dà attenzione, assistenza) è stata disciplinata da un punto di vista legislativo pochi anni fa in Italia, ed è fortemente legata all’istituzione della famiglia, come organo fondamentale della cura.

Nell’articolo 1 della legge del 2017 si legge: “Si definisce caregiver familiare la persona che assiste e si prende cura del coniuge, dell’altra parte dell’unione civile tra persone dello stesso sesso o del convivente di fatto […] di un familiare o di un affine entro il secondo grado, ovvero […] di un familiare entro il terzo grado che, a causa di malattia, infermità o disabilità, anche croniche o degenerative, non sia autosufficiente e in grado di prendersi cura di sé, sia riconosciuto invalido in quanto bisognoso di assistenza globale e continua di lunga durata […] o sia titolare di indennità di accompagnamento”.

Non ci soffermeremo sulla scelta linguistica del termine “caregiver”, anche se sarebbe interessante notare quanto, nella storia e politica italiana degli ultimi decenni, ci sia una vivace oscillazione nel lessico che viene utilizzato per parlare di disabilità, malattia, stranieri, welfare. È segno in ogni caso di un dibattito vivo, seppur nell’imbarazzo di dover fronteggiare la diversità, cercando di tenerla lontana, come se chi avesse delle difficoltà, a qualunque livello, rispetto alle norme socialmente stabilite, fosse sempre altro da sé, e l’alterità risultasse la causa e al tempo stesso il fine della ricerca di parole adeguate per poter essere definita (banalmente tradotto: nel definire l’altro “diverso”, sto nel conforto del mio essere “uguale”, normale, sano, ecc).

Il primo film che viene proposto, con il sostegno economico del CSV di Bergamo, all’interno dell’iniziativa “Lessico famigliare. L’ABC per la cura del caregiver” si intitola Me & Earl & the Dying Girl, e si distacca un po’ dalla logica del sistema familiare e assistenziale della cura. Il “caregiver” del film non è un parente, ma un amico. Non è adulto, e non dà assistenza fisica. Si ritrova costretto a dare retta a una vicina di casa, sua coetanea malata di leucemia, all’inizio una semplice conoscente, compagna di scuola. L’idea che ha mosso questa scelta è che sia possibile allargare la definizione proposta dalla legge che definisce il caregiver sia rispetto all’istituzione familiare, sia riguardo alle modalità e al senso della cura. Infine, è risultato degno di interesse il fatto che il protagonista sia un adolescente, cosa non del tutto insolita al cinema, ma che trova forse troppo poco spazio fuori dalle narrazioni cinematografiche.

I film che seguono la rassegna, intitolata Il tempo che ci rimane, film del regista palestinese Elia Suleiman, virano su un argomento più generale (molto generale), quello dei diritti. La scelta in questo caso è stata, più che di trovare film significativi (averne tre a disposizione rende l’impresa impossibile), eliminare alcune categorie. Non vedremo film dichiaratamente di denuncia sociale, per esempio. Nonostante ciò, due su tre dei titoli proposti sono “tratti da storie vere”. Il primo riflette sul diritto di una ragazza di cambiare sesso e sulla violenza dell’eteronormatività. Il secondo è una commedia sul diritto a espatriare. Il terzo è un film di fantascienza che unisce il tema dell’identità a quello di un luogo dove legittimamente poter vivere. Volutamente non c’è alcun legame tra i tre titoli e non c’è alcuna pretesa di esaustività rispetto a possibili declinazioni di un tema così vasto, che l’associazione ha deciso di presentare per collegarsi alle iniziative organizzate nel mese di novembre dal Comune di Seriate sul tema dei diritti.

Il tempo che ci rimane” è sia il passato (il tempo come ricordo e come eredità) sia il futuro (ciò che rimane prima della morte, l’unico sul quale sia proiettare desideri di cambiamento).

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